Tweet Senza Prometeo: La rivoluzione proibita

giovedì 6 ottobre 2011

La rivoluzione proibita


La rivoluzione proibita

La parola rivoluzione : il tabu dei tabu che risveglia incubi e fantasmi nei poteri al punto di bandirla dal vocabolario, al punto di mettere in moto meccanismi di difesa piu' alti di quelli che si allertano contro la mafia o qualsiasi altro crimine .

Perche' questa parola fa cosi paura alla politica  e alle caste mentre  rappresenta invece una speranza per gli oppressi, i ceti deboli e diseredati , per coloro che pensano e avvertono quando un sistema decade irreversibilmente nell'autoritarismo autoreferenziale e invasivo come una metastasi ? chiediamocelo .
Forse perche’ la rivoluzione e’ sinonimo di violenza  , non la violenza individuale o di gruppi organizzati facilmente debellabili, ma  la violenza collettiva, estesa, di intere classi sociali o di masse di cittadini capaci di estromettere i governanti e coloro che in qualche modo hanno il potere di manipolare altri uomini in virtu’ della loro posizione .

La storia ci insegna che in ogni epoca le minoranze oppresse divenute in qualche caso maggioranza hanno reagito con forme di violenza collettiva la’ dove qualsiasi altra forma di resistenza era risultata inutile . Spesso queste rivolte si sono tradotte in un bagno di sangue per coloro che avevano osato ribellarsi , in altri casi e’ avvenuto l’opposto , ma questi ultimi e non i restauratori  hanno segnato una  autentica svolta nelle dinamiche della storia e delle istituzioni . In Europa, da Roma, al medioevo , al 700 e fino al 900 le rivolte e le rivoluzioni venute sempre dal basso prima e dai ceti medi poi,  hanno progressivamente determinato un graduale allargamento dei diritti civili e viene spontaneo domandarsi se in assenza di tali eventi, pur cruenti e tragici, saremmo oggi, ma dovrei dire fino a ieri,  al punto di consapevolezza civile che contraddistingue o dovrebbe contraddistinguere  i paese occidentali .

Oggi esistono le condizioni perche’ sia ancora di attualita’ il termine rivoluzione ? La rivoluzione e’ lo scontro di due volonta’ come fu in passato quella della classe operaia contro quella padronale e quindi sembra ormai quanto meno anacronistica , ma oggi possiamo dire che la volonta’ dei cittadini coincide con quella dei governi ? Quella dell’economia coincide con quella di coloro che dall’economia dovrebbero trarre benessere ?  Vi sono segnali che indicano un istaurarsi di situazioni di distacco tra cittadinanza e poteri costituiti che potrebbero farci cambiare idea circa l’utopia rivoluzionaria  . Innanzi tutto la messa al bando della stessa parola “rivoluzione” che indica quanti malcelati timori evochi in chi ne esorcizza il significato : forse cattiva coscienza ? E poi l’involuzione delle democrazie del dopoguerra che , in particolare nel nostro paese , si sono posizionate sempre in difesa dei privilegi delle classi abbienti e delle corporazioni emarginando di fatto la parte della societa’ che aspirava al riscatto sociale e mettendola in condizione di non avere ne reali prospettive per il futuro ne rappresentanza degna di assurgere a governo. A cio’ si aggiunge il degrado della politica e della societa’ che nella illegalita’ e nella corruzione ritrova sempre piu’ la sua natura tanto da declinarsi come decadente e marcescente . La deriva della stessa societa’ postindustriale che ha tradito le speranze di tanti lavoratori e li costringe al muro della privazione dei diritti e della concorrenza al ribasso con i paesi meno civili ed evoluti non fornisce piu’ prospettive .

Di fronte a questo, gli orizzonti  si riducono e le prospettive di una soluzione democratica e civile si annebbiano dando luogo ancora una volta alla concreta speranza  del  rimedio estremo contro i mali estremi . Forse cio’ non e’ piu’ giusto di quanto lo possa essere un terremoto o un’alluvione , ma certamente anche i cicli storici in qualche modo sono paragonabili agli  eventi naturali. In certi casi quindi le rivoluzioni possono essere l’unica possibilita’ per ricostruire da zero le societa’ umane  e  liberare energie  nuove capaci di elaborare la speranza per un futuro piu’ giusto ed equanime .
 Per essere protagonisti nella storia tuttavia bisogna entrare nella storia a pie’ pari . La storia che era  fatta un tempo dai nobili  fu soppiantata dalla classe media e dalla borghesia nel momento in cui con la rivoluzione francese si posero questi ultimi come forza dinamica e trainante della societa’ francese , allo stesso modo la classe operaia emarginata dal protagonismo storico della borghesia industriale seppe diventare soggetto storico con gli scioperi e le lotte operaie, che erano forme di rivoluzione controllata contro il padronato.  Per quanto meno cruenti    anche i primi grandi scioperi costarono  un tributo di sangue e di sofferenze per ottenere il diritto ad appartenere alla storia e qundi a dettare le condizioni dei propri diritti , diritti oggi persi perche’ non piu’ adeguatamente difesi .  .

 Oggi i movimenti di cittadini che nascono spontanei nella societa’ civile attraverso internet  e attraverso i mezzi di comunicazione sempre piu’ evoluti e interattivi possono diventare protagonisti, ma per farlo occorre grande coesione e una volonta’ comune di cambiamento come avvenuto nei recenti episodi della cosiddetta primavera araba . In questo senso e in questo quadro  oggi le rivoluzioni sono ancora possibili anche in occidente , per quanto ovviamente proibite, altrimenti che rivoluzioni sarebbero .   

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