Tweet Senza Prometeo: ottobre 2011

lunedì 24 ottobre 2011

La perenne ricerca di felicita'

Fin dagli albori della specie umana il dolore e la morte vennero vissuti con angoscia come un "non senso" e dovette essere cosi' che si manifestarono i primi tentativi di esorcizzare la morte e di trovare un senso alla sofferenza .
I miti ,nella mitologia classica della Grecia antica altro non sono che il primo tentativo di dare senso alla paura della morte . Gli dei rappresentavano il desiderio di rappresentarsi una realta' diversa da quella dei mortali , ma questo tentativo non era del tutto soddisfacente .
 La filosofia quindi come ricerca ,anche nell'etimologia , della necessita' di porre l'attenzione verso le cose per portare alla luce delle verita' incontrovetibili ,tali da fugare la paura della morte e della sofferenza , fu fin dagli esordi la formula che diede risposte a quell' insensatezza del vivere e del morire .
Ma i greci, che vivevano la natura non come nemica o come schiava dell'uomo, sapevano da essa cogliere la crudelta' innocente e ne fecero una compagna e una insegnante di vita . Prometeo che prometteva false speranze agli uomini illudendoli nel  loro desiderio di eternita' venne incatenato e punito per questo .
 Le religioni , che in occidente ebbero origine ben oltre la nascita dei primi filosofi,  ribaltarono  la situazione  proponendosi come  la soluzione all'eterno timore della morte e della sofferenza cercando per la prima la trascendenza oltre la vita in dimensioni ultraterrene e cercando di dare scopo e ragione alla seconda . Questa costante ricerca di verita' e' andata ben oltre la filosofia e la stessa religione ,se nel 900 , quando anche la religione iniziava a mostrare i suoi limiti di fronte all'incalzare della scienza , l'attenzione di una vasta platea di esseri umani ebbe a dividersi tra il comunismo da una parte e il capitalismo dall'altra .
Ecco quindi nuovamente, dopo millenni, dispiegarsi di nuovo la ricerca di antidoti alla morte e al dolore come ricerca di felicita' attraverso l'uguaglianza da un lato e il benessere materiale dall'altro .
Ma oggi sono ancora valide queste prospettive ?  Anche queste vacillano e non vengono piu' interpretate come "verita' " perche' qualcos'altro sta prendendo il sopravvento : la scienza e ancora di piu' la tecnica sempre maggiormente rappresentano la missione salvifica del genere umano che ad esse si rivolge per fugare quelle paure ancestrali mai sopite : il dolore e l'ineluttabilita' della morte e l'invincibile quanto illusoria ricerca di eternita' .

lunedì 17 ottobre 2011

Metamorfosi della tecnica . Il post nazismo del capitale .

Alla manifestazione degli indignati si doveva parlare di lavoro, di economia, di politica e di finanza mondiale . Qualcuno ha voluto cucire la bocca al movimento 15 ottobre con scontri di piazza che nulla hanno a che fare con questi argomenti nel modo e nei tempi in cui si sono verificati . Quando e' veramente iniziato il primato della tecnica e quindi anche della tecnica finanziaria sulla politica ? Nei campi di concentramento nazisti . Quando a Norimberga venne chiesto ai criminali nazisti di dare spiegazioni sui loro crimini una delle risposte piu' consuete era " Ho eseguito gli ordini " . Chi smistava i deportati nei campi di sterminio non era tenuto a sapere cosa sarebbe accaduto di loro . Era iniziato il concetto di  "non competenza" cosi caro a tanti impiegati dietro agli sportelli pubblici quando rivolgiamo loro una domanda o chiediamo una spiegazione . Ognuno nella finanza , nella politica e nella societa' agisce secondo " mansionari " per cui nessuno e' piu' responsabile o si sente responsabile  della catena a seguire .
Se in borsa una societa' specula sul prezzo del grano e cio' provoca la morte per fame in Eiopia di migliaia di individui , il principio di non responsabilita' e di non competenza rende la questione del tutto ininfluente se cio' e' vantaggioso per colui che l'ha determinata . Il capitalismo finanziario ormai e' questo , la lunga mano del post nazismo .

venerdì 14 ottobre 2011


Quando il profitto diventa l'unico valore fondante di una societa' gli esseri umani diventano merce e il valore di ciascuno e' quello della utilita' e nell'utilita' ognuno si identifica e trova il metro della sua adeguatezza o inadeguatezza rispetto agli altri e rispetto alle aspetative della societa' .
Kant diceva che l'uomo non e' un mezzo , ma il fine . Difficile oggi riconoscere l'uomo in quella dichiarazione . In nome del denaro tutti sono ormai mezzi che concorrono all'utilita' cioe al profitto . Se non si e' dentro a queste regole si e' fuori dal contesto sociale . Ecco allora che l'emarginazione dei giovani precari,dei disoccupati , degli anziani, dei disabili rientra in questa logica .
Chi non concorre al profitto , chi non risponde ad un concetto utilitaristico, non puo' realizzare se stesso e non fa parte della societa' .
L'autorealizzazione che i greci chiamavano " eudaimonia " divenda oggi al massimo edonia , ricerca dell'indidualismo e perdita di relazione con gli altri . Recuperare la relazione e la condivisione e' gia' di per se rivoluzionario .
 I movimenti giovanili che oggi nelle piazze ,sotto diverse bandiere e denominazioni ,si ritrovano sempre piu' spesso per dichiarare la loro avvesrione verso una societa' cosi costituita , sono il nucleo fondativo di una nuova filofofia capace   via via di soppiantare la societa' capitalista e neoliberista che ormai mostra tutti i limiti e le pericolose derive antidemocratiche e repressive a cui e' destinata .al pari di quelle gia superate del comunismo della seconda meta' del 900 , ma con una differenza sostanziale .
 Il comunismo non e' imploso a causa di rivolte che avessero come oggetto la contestazione dell'egualitarismo e della mancanza di liberta' , ma per i limiti imposti dal quel progresso tecnologico che mettendosi in concorrenza con l'occidente non seppe , ne pote' reggerne l'evoluzione determinandone il collasso economico.
Oggi indirettamente e' quello stesso progresso tecnologico che applicato e implicato nella finanza mette in evidenza i limiti e definisce anche le premesse per il crollo del capitalismo in occidente .

martedì 11 ottobre 2011

Una filosofia per il postliberismo

Di fronte alla finanza globale i conflitti tradizionali tra lavoratori e imprenditori sono superati dal fatto che entrambi si trovano ad affrontare un nessuno che si chiama mercato . Ma Aristotele ci ricorda che dietro a nessuno c’e’ sempre qualcuno e quel qualcuno non e’ un evento imprevedibile e ineluttabile, non e’ un terremoto o un’alluvione , perche’ e’ un’evento umano e quindi umanamente controllabile e contrastabile .

A chi spetta la funzione di controllo e di indirizzo se non alla politica e la politica cosa e’ se non la volonta’ dei governi e quindi dei cittadini ? Cambiare si puo’ , cambiare i governi e se necessario le istituzioni e se necessario le regole della societa’, se il fine e’ quello di eliminare la dittatura della finanza globale .
Deve subentrare il concetto che vi possono e debbono esserci dei limiti al profitto e che questo non puo’ toccare i beni primari che servono all’alimentazione : non l’acqua, non il grano, non le foreste e le risorse ambientali essenziali alla vita degli uomini , siano essi poveri o benestanti . Non si possono ridurre gli uomini e le nazioni in schiavitu' per servire il fondo monetario internazionale . Non si possono negare i medicinali perche' si e' indebitati . Queste regole non possono essere lasciate al mercato . Liberta’ e liberismo non sono la stessa cosa .

lunedì 10 ottobre 2011

Chiamiamoci citoyen

Nella storia ci sono stati molti modi di definire coloro che appartenevano ad un movimento in cui si riconoscevano per ideali e credo politico o religioso : fratelli, compagni, camerati eccetera , ma il termine storicamente che piu' mi ha dato senso di appartenenza e' "cittadino" o citoyen alla francese . 
Si fecero chiamare "cittadini" i francesi nel  momento davvero sanguinoso e sublime della storia in cui finalmente si sanciscono i cardini della civilta' moderna definiti in " liberte', egalite', fraternite'" .
 Il "cittadino" ha una dignita' di  rappresentanza civile , e' un uomo consapevole dei suoi diritti e dei suoi doveri , non e' "popolo"   che segue un pastore , non e' un "accasermato" , e' l'uomo libero, consapevole, responsabile .
Oggi si fa un gran parlare di popolo e  si tratta di persone che nel nostro tempo hanno diritto di voto , ma che uso fanno di questo diritto ?
Spesso neppure ne fanno uso o in larga parte votano una faccia, uno slogan, una bandiera senza chiedersi cosa ci sia dietro, quali principi, quali valori, quali biografie e storia e filosofie .
Usano di un diritto e un potere davvero grande in modo superficiale , distratto e ignorante nel senso di coloro che scentemente preferiscono ignorare .
Si dovrebbero sottoporre ad esame gli elettori per sincerarsi che siano degni di questo diritto, se non ci fosse il ragionevole dubbio di come debba essere composta la commissione esaminatrice .
Il popolo e' spesso una massa irragionevole che nella storia ha portato al potere uomini come Stalin, Hitler, Mussolini , dittatori che hanno represso le liberta' nel sangue . Le citoyen con il sangue hanno creato le premesse di un mondo libero dagli assolutismi e hanno costruito le basi delle moderne democrazie . Un denominatore comune con esiti opposti .
Dovremmo tornare ad essere "cittadini" e a definirsi cittadini tutti coloro che aspirano ad una politica consapevole, eticamente corretta, moralmente irreprensibile , competente e lungimirante , cioe' l'esatto opposto di cio' che e' oggi nel suo complesso .
  Se in Italia e non solo avessimo "cittadini" anziche' "popolo" il berlusconismo non si sarebbe mai radicato.

giovedì 6 ottobre 2011

La societa' decadente



La mia generazione , quella nata dopo la seconda guerra mondiale, guardava al futuro , ecco, il segreto di quella vitalita’, di quell’ottimismo che ci consentiva di superare disagi e manchevolezze dell’Italia post bellica , disagi e mancanze a ben vedere perfino piu’ pesanti  di quelle che oggi sono sotto i nostri occhi, e’ tutta in questa parola : si chiama “ la speranza possibile “ .
.Quando si parla di speranza si fa sovente riferimento ad una visione cristiana  che lascia intendere  un divenire ben oltre la nostra stessa vita . Io mi riferisco piu’ laicamente alle prospettive  , agli scopi, agli obbiettivi che ogni giovane ricerca per il suo futuro prossimo se non immediato ed e’ questo che viene a mancare ed e’ questo che determina il nichilismo  .
 Oggi i giovani  si sentono traditi , traditi da quella generazione che non ha saputo trasmettere loro le condizioni di una “ speranza possibile “. 
Eppure una larga parte di noi quel tradimento lo aveva avvertito gia’ nel 68 . Quando i giovani del tempo decisero di scendere nelle piazze per chiedere nuovi diritti e liberta’  fino a quel momento negate , era perche’ credevano nella speranza del possibile e a volte anche  dell’impossibile , ma avvertivano che una parte importante della societa’ del tempo   voleva invece la conservazione e aspirava a nostalgie di un passato che noi volevamo fosse superato per sempre .
 Inutile fare qui il riepilogo della storia , ma oggi sappiamo che non e’ stata quella nostra generazione a sbagliare e constatiamo invece che quella parte della societa’ che gia’ a suo tempo voleva la conservazione e il ritorno al passato e’ l’attuale protagonista del nostro tempo .
 Oggi sembrano vincenti coloro che volevano ieri  come  oggi  un ritorno ad un regime autoritario e repressivo , o avevano nostalgia perfino per un passato fascista , coloro che ieri come oggi subivano, obtorto collo, quella costituzione che noi credevamo e crediamo dovesse avere piena e totale attuazione.
 Per decenni abbiamo vissuto i tentativi andati a vuoto di destabilizzare le istituzioni , di alterare la costituzione , di assumere il potere per il potere .
Le stragi , i depistaggi, i tentativi di golpe, le “maggioranze silenziose” , le loggie massoniche deviate , hanno combattuto una battaglia costante contro le forze vive e giovani del tempo ,come lo sono quelle attuali che ci guardano con commiserevole sufficienza , quelle generazioni che si riconoscevano nei movimenti studenteschi , operai, intellettuali, che allora come oggi volevano vedere attuati fino in fondo i diritti costituzionali e sognavano una societa’ capace di andare ancora oltre a quei diritti, gia’ sanciti, ma quasi sempre disattesi nella pratica quotidiana . Non e’ la mia generazione ad aver sbagliato , non quella che si batteva per i diritti , oggi e’ il tempo dei traditori di quella generazione  e di quella attuale.
La civilta’ e’ civilta’ se rappresenta un progresso sociale e non soltanto tecnologico e il cammino della civilta’ non e’ mai una linea retta , conosce discese a volte ripide e salite lente e faticose , ma alla fine ogni uomo sano di mente e di spirito aspira ad una ascesa . Se viene meno questa aspirazione muore la speranza, il senso prospettico del vivere ,  ed e’ cio’ che noi vediamo chiaramente  in questo terzo millennio .

La rivoluzione proibita


La rivoluzione proibita

La parola rivoluzione : il tabu dei tabu che risveglia incubi e fantasmi nei poteri al punto di bandirla dal vocabolario, al punto di mettere in moto meccanismi di difesa piu' alti di quelli che si allertano contro la mafia o qualsiasi altro crimine .

Perche' questa parola fa cosi paura alla politica  e alle caste mentre  rappresenta invece una speranza per gli oppressi, i ceti deboli e diseredati , per coloro che pensano e avvertono quando un sistema decade irreversibilmente nell'autoritarismo autoreferenziale e invasivo come una metastasi ? chiediamocelo .
Forse perche’ la rivoluzione e’ sinonimo di violenza  , non la violenza individuale o di gruppi organizzati facilmente debellabili, ma  la violenza collettiva, estesa, di intere classi sociali o di masse di cittadini capaci di estromettere i governanti e coloro che in qualche modo hanno il potere di manipolare altri uomini in virtu’ della loro posizione .

La storia ci insegna che in ogni epoca le minoranze oppresse divenute in qualche caso maggioranza hanno reagito con forme di violenza collettiva la’ dove qualsiasi altra forma di resistenza era risultata inutile . Spesso queste rivolte si sono tradotte in un bagno di sangue per coloro che avevano osato ribellarsi , in altri casi e’ avvenuto l’opposto , ma questi ultimi e non i restauratori  hanno segnato una  autentica svolta nelle dinamiche della storia e delle istituzioni . In Europa, da Roma, al medioevo , al 700 e fino al 900 le rivolte e le rivoluzioni venute sempre dal basso prima e dai ceti medi poi,  hanno progressivamente determinato un graduale allargamento dei diritti civili e viene spontaneo domandarsi se in assenza di tali eventi, pur cruenti e tragici, saremmo oggi, ma dovrei dire fino a ieri,  al punto di consapevolezza civile che contraddistingue o dovrebbe contraddistinguere  i paese occidentali .

Oggi esistono le condizioni perche’ sia ancora di attualita’ il termine rivoluzione ? La rivoluzione e’ lo scontro di due volonta’ come fu in passato quella della classe operaia contro quella padronale e quindi sembra ormai quanto meno anacronistica , ma oggi possiamo dire che la volonta’ dei cittadini coincide con quella dei governi ? Quella dell’economia coincide con quella di coloro che dall’economia dovrebbero trarre benessere ?  Vi sono segnali che indicano un istaurarsi di situazioni di distacco tra cittadinanza e poteri costituiti che potrebbero farci cambiare idea circa l’utopia rivoluzionaria  . Innanzi tutto la messa al bando della stessa parola “rivoluzione” che indica quanti malcelati timori evochi in chi ne esorcizza il significato : forse cattiva coscienza ? E poi l’involuzione delle democrazie del dopoguerra che , in particolare nel nostro paese , si sono posizionate sempre in difesa dei privilegi delle classi abbienti e delle corporazioni emarginando di fatto la parte della societa’ che aspirava al riscatto sociale e mettendola in condizione di non avere ne reali prospettive per il futuro ne rappresentanza degna di assurgere a governo. A cio’ si aggiunge il degrado della politica e della societa’ che nella illegalita’ e nella corruzione ritrova sempre piu’ la sua natura tanto da declinarsi come decadente e marcescente . La deriva della stessa societa’ postindustriale che ha tradito le speranze di tanti lavoratori e li costringe al muro della privazione dei diritti e della concorrenza al ribasso con i paesi meno civili ed evoluti non fornisce piu’ prospettive .

Di fronte a questo, gli orizzonti  si riducono e le prospettive di una soluzione democratica e civile si annebbiano dando luogo ancora una volta alla concreta speranza  del  rimedio estremo contro i mali estremi . Forse cio’ non e’ piu’ giusto di quanto lo possa essere un terremoto o un’alluvione , ma certamente anche i cicli storici in qualche modo sono paragonabili agli  eventi naturali. In certi casi quindi le rivoluzioni possono essere l’unica possibilita’ per ricostruire da zero le societa’ umane  e  liberare energie  nuove capaci di elaborare la speranza per un futuro piu’ giusto ed equanime .
 Per essere protagonisti nella storia tuttavia bisogna entrare nella storia a pie’ pari . La storia che era  fatta un tempo dai nobili  fu soppiantata dalla classe media e dalla borghesia nel momento in cui con la rivoluzione francese si posero questi ultimi come forza dinamica e trainante della societa’ francese , allo stesso modo la classe operaia emarginata dal protagonismo storico della borghesia industriale seppe diventare soggetto storico con gli scioperi e le lotte operaie, che erano forme di rivoluzione controllata contro il padronato.  Per quanto meno cruenti    anche i primi grandi scioperi costarono  un tributo di sangue e di sofferenze per ottenere il diritto ad appartenere alla storia e qundi a dettare le condizioni dei propri diritti , diritti oggi persi perche’ non piu’ adeguatamente difesi .  .

 Oggi i movimenti di cittadini che nascono spontanei nella societa’ civile attraverso internet  e attraverso i mezzi di comunicazione sempre piu’ evoluti e interattivi possono diventare protagonisti, ma per farlo occorre grande coesione e una volonta’ comune di cambiamento come avvenuto nei recenti episodi della cosiddetta primavera araba . In questo senso e in questo quadro  oggi le rivoluzioni sono ancora possibili anche in occidente , per quanto ovviamente proibite, altrimenti che rivoluzioni sarebbero .   

martedì 4 ottobre 2011

Senza freni

Molte volte mi sono immaginato la societa' occidentale ,che ormai ha contagiato il mondo, come un treno che viaggia a grande velocita' senza guida verso un ponte scricchiolante dove quel treno e' destinato a finire la sua corsa in uno schianto . Solo un folle puo' pensare che non esistano limiti , che le risorse ambientali e naturali siano infinite su un pianeta nemmeno grande, come la terra su cui viviamo . Eppure la follia si e' impadronita del mondo . Il concetto biblico del " dominate su tutte le cose " e' stato preso cosi alla lettera che nulla si salva dall'insaziabile fame di risorse .  Eppure sappiamo che le risorse del pianeta non sono inesauribili , perfino i pesci nei mari , perfino le foreste, perfino l'acqua dolce, stanno mostrando i segni di un progressivo  esaurimento . Tuttavia  nella mente di milioni di uomini cio' sembrava impossibile fino a pochi anni fa .
La tecnica ci ha reso ciechi e sordi , ci fa credere che tutto sia risolvibile, anche dove ogni piu' elementare buon senso ci dice il contrario .
Gia' i Greci nell'antichita' con il mito di Prometeo ci avevano insegnato che bisogna porre un freno alla smodata mania di onnipotenza dell'uomo . Platone ci insegno' che non poteva essere l'uomo a dominare il creato, ma doveva essere giustamente adattarsi ad esso . I greci non vedevano nella morte e quindi nei limiti imposti dalla natura un ostacolo da cui insesatamente dovevano liberarsi , ma la fine di un ciclo biologico, tanto che per i greci gli uomini erano naturalmente definiti " i mortali " per distinguerli dagli dei dell'Olimpo . Ecco il senso del limite che l'uomo folle del nostro tempo ha smarrito volendo assomigliare piu' agli dei che ai mortali , ma gli dei stanno in qualche cielo ben lontano dalla terra dove noi dobbiamo vivere .

Sviluppo senza progresso

Si fa un gran parlare di sviluppo , sene parla nei convegni, sulle pagine dei giornali, nei discorsi dei politici e degli economisti . Una parola altrettanto abusata pero' e' quasi scomparsa . La parola progresso . Il progresso implica una speranza , di piu' , una promessa : miglioreremo ! . La storia va avanti e persegue un fine : il milioramento della societa' umana . Progresso civile nella societa', economico nel benessere, scientifico nella ricerca e nelle soluzioni ai tanti limiti dell'uomo .
Se la speranza muore, se il tempo ha un raggio breve , se la storia non ha piu' senso cosi come il senso prospettico della vita , allora ci rimane solo lo sviluppo, che e' rincorsa della quantita', al posto della qualita' impossibile . Lo sviluppo e' miope perche' non crede nel futuro , e' un modo per arraffare , accaparrare, consumare tutto per l'oggi o al massimo per il giorno dopo, senza curarsi se nel futuro questo determinera' magari la fine delle risorse, della vita sul pianeta e in ultima analisi la fine dell'umanita' cosi come oggi la conosciamo .

La filosofia semplice

Come il contadino cosi' il filosofo semina idee , visioni del mondo e dell'uomo , ma per farlo deve prima rivoltare la terra , sollevare dubbi, mettere in discussione molti strati esistenti che si sono cementati nella societa' e cio' e' scomodo a molti , a molti fa paura , a molti non conviene . Non conviene ai politici, ai poteri consolidati, agli psicologi e agli stessi filosofi a volte . Tanto piu' profondo ed esteso e' il pensiero tanto piu' trova detrattori e nemici .
Ogni grande filosofo o ricercatore o scenziato, ha avuto un certo numero di mediocri invidiosi pronti a criticarlo . Come diceva Platone avremmo bisogno di filosofi che sappiano regnare o re che siano anche filosofi .
Abbiamo bisogno di nuove menti come fu Marx nel 900 , Kant e Rousseau nel 700 , idee capaci di dare frutti tali da contribuire alla rinascita' di nuovi "Dei" in grado di creare futuro e risposte ad un mondo senza bussola . Certo ne abbiamo bisogno tutti se non vogliamo lasciarlo solo ,nelle mani del denaro e della tecnologia fini a se stessi ,perche' la filosofia e' politica , e' progettualita', e' psiche . 
Il Dio che prometteva la felicita' nel regno dei morti non e' piu' al centro del mondo e il comunismo che prometteva la felicita' nel regno dei vivi si e' disperso e non ha mantenuto le promesse . Oggi regna il nichilismo , la mancanza di scopi e di perche' , si vive per l'oggi o al massimo per il giorno dopo . Abbiamo bisogno di riscrivere nuove ipotesi di mondo e di societa' per noi stessi e per quelli che verranno.
Diego